martedì 16 maggio 2017

Il movimento "no tap" tra illegalità e sindrome nimby

Già in altre occasioni si era parlato dei caratteri sempre più manifestamente illegali della protesta e dell'operato del cosiddetto movimento "no tap" ed in tali occasioni era sembrato che si fosse toccato il fondo dell'irrazionale e dell'illecito.
Purtroppo così non è stato e il movimento suddetto è tornato a far parlare di sé in negativo, quando ha cercato di impedire, per fortuna senza riuscirci, il trasporto di undici ulivi già espiantati e che necessitavano di un ricovero in una serra attrezzata per prevenire il contagio da parte potenziali agenti fitopatogeni, che potrebbero invece rendere impossibile o addirittura pericoloso per l'ambiente qualsiasi tentativo di ricollocare le stesse piante.

Come già rilevato in altre sedi, una condotta tanto ottusa costituisce un inutile dispendio di risorse e di forze pubbliche per garantire la sicurezza dei lavori di un impianto regolarmente e legalmente avviato sulla base di accordi internazionali; lo stesso atteggiamento è anche un pericolo per il bilancio e la stabilità economica del Paese, a causa delle ripercussioni a cui l'Italia sarebbe tenuta in caso di mancato adempito degli accordi stessi, peraltro per colpa della cecità ideologica di uno sparuto manipolo che ha sollevato un polverone per nulla; è inoltre una condotta che può potenzialmente configurare e ha già generato alcuni illeciti di varia natura, tra i quali spiccano per evidenza l'occupazione di suolo pubblico, la violenza privata, la resistenza a pubblico ufficiale, l'incendio doloso e il danneggiamento aggravato.
Un atteggiamento che non trova più alcuna giusitificazione: l'ideologica motivazione ecologista si scontra infatti con il fatto che proprio il Consorzio TAP è l'unico che ha concretamente fatto qualcosa per tutelare gli ulivi e li sta anzi curando e tutelando con serre ed impianti appositi per cercare di salvarli, mentre i tentativi di fermare il trasporto di ulivi già espiantati è tutt'altro che salutare per le piante... e ciò dovrebbe essere di tutta evidenza, soprattutto in una terra che espianta, sposta e ricolloca decine di migliaia di ulivi ogni anno.
La contestazione dell'irregolarità o dell'illegalità della TAP è stata altresì ampiamente smentita sia dal diritto internazionale sia dalla magistratura italiana: occorre infatti ricordare che tutto il progetto è stato attentamente visionato ed approvato dalle specifiche commissioni tecniche, prima di essere controllato e vagliato in ogni minimo paragrafo dalla giustizia amministrativa alla luce dei vari ricorsi... con il ben noto risultato che ogni contestazione è stata respinta al mittente, a volte per manifesta infondatezza dei ricorsi. E lanciare accuse di corruzione della magistratura e della polizia in favore della tap non è solo ridicolo, ma potrebbe anche integrare ipotesi di diffamazione aggravata.
Il presunto danno al turismo poi è altresì una motivazione poco credibile: quante probabilità ci sono infatti che un'area piena di ulivi secolari sia oggetto di meta turistica diffusa ed ampiamente visitata? Fino a prova contraria, l'area del cantiere non era neanche nota al grande pubblico prima dell'inizio della vicenda del metanodotto. Inoltre tutto il "grande danno" si sarebbe semplicemente evitato se i lavori non fossero stati regolarmente, sistematicamente ed illecitamente intralciati e rallentati fino a questo punto: senza il gran polverone di una sparuta minoranza piena di ideologia e povera di motivazioni concrete, tutto sarebbe stato infatti già risolto e probabilmente gli ulivi ora sarebbero già tornati nelle loro sedi.

L'atteggiamento che emerge dall''intera vicenda e dall'atteggiamento di cieca opposizione aprioristica a qualsiasi sviluppo dell'opera. Un'opposizione che manifesta appieno i caratteri patologici della cosiddetta "sindrome NIMBY", ossia quel complesso psicologico, acronimo dell'inglese "Not In My Back Yard" (traducibile con "non nel mio cortile"), per cui un'opera di pubblico interesse e di grande portata, per quanto possa essere anche riconosciuta come utile e necessaria, non deve essere costruita in una determinata zona in favore di una tutela ambientale a tutti i costi. Si tratta di un'opposizione che in un primo momento può essere lecita non solo dal punto di vista psicologico, ma che poi perde di significato di fronte a piani ed evidenze concrete, anche a tutela dell'ambiente. Molto spesso anzi, soprattutto in Italia, questa stessa sindrome presenta il rischio concreto, come in questo caso purtroppo verificatosi, di manipolazione della popolazione con la diffusione ad arte di notizie false e tendenziose per screditare a tutti i costi l'opera e chi la realizza, notizie che in sé e per sé appaiono a volte poco o per nulla fondate, ma che per qualche oscura ragione paiono fare presa nell'opinione pubblica, complice anche una sistematica disinformazione dell'opinione pubblica.
A questo punto non resta che augurarsi che i no tap riescano ad aprire gli occhi e a capire che stanno danneggiando se stessi e l'Italia, prima che vengano legittimamente arrestati per i già troppi reati commessi.

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