sabato 6 maggio 2017

I referendum: cosa sono e quali valgono

Ogni volta che si parla di referendum, si fa una confusione tremenda tra i tipi di referendum esistenti e quelli validi in Italia, le norme che li regolano e le condizioni di validità degli stessi.

Il referendum nella sua essenza si può definire come la consultazione del corpo elettorale affinché tutti coloro che godono dei diritti politici e hanno capacità elettorale votino non per eleggere i propri rappresentanti, bensì per modificare la legge. In Italia ciò vale solamente per le norme che siano state approvate ed emanate dal Parlamento, mentre in altri ordinamenti il popolo si può esprimere anche nel caso in cui le leggi non siano state ancora promulgate o addirittura per proporle, di solito mediante una scelta tra un "sì" ed un "no".
I referendum esistenti si possono elencare nei seguenti tipi:
  • propositivi: questo tipo di referendum serve a proporre una nuova legge agli organi legislativi da parte del popolo;
  • consultivi: si tratta di un referendum per avere il parere della popolazione votante riguardo ad uno specifico tema;
  • indipendentisti: si tratta di referendum molto particolari che richiedono al popolo con il diritto di voto se il loro territorio debba diventare indipendente;
  • confermativi: altresì detti referendum costituzionali perché utilizzati in tale materia, si tratta della richiesta al corpo elettorale di confermare l'operato del Parlamento nell'emanazione di norme costituzionali e quindi della massima importanza;
  • abrogativi: i più comuni, sono quei referendum che richiedono al corpo elettorale se conservare o eliminare una determinata norma dall'ordinamento.
Tuttavia in Italia non tutti i tipi di referendum appena delineati sono validi: solo gli ultimi due hanno infatti espresso riconoscimento nella Costituzione, mentre gli altri non sono previsti o sono altresì vietati. Su entrambi i tipi di referendum in vigore in Italia, sono già stati dedicati degli interventi descrittivi che vengono qui seguito riproposti e integralmente richiamati.



Quello che probabilmente non è chiaro a molti commentatori e anche a molti amministratori è il fatto che per per quanto riguarda i referendum propositivi, consultivi e per l'indipendenza, nessuno di questi ha un valore giuridico che superi quello di un mero sondaggio.

Andando con ordine, i referendum propositivi in sé e per sé consistono nella possibilità di indicare all'organo legislativo su quale tema dovrebbero muoversi e quale esigenza sia maggiormente sentita dalla popolazione, ma avrebbero un senso nel momento in cui non vi sia la possibilità da parte del popolo di proporre in autonomia delle proprie leggi scritte ed articolate come tali.
Invece questa possibilità esiste ed è stata anche storicamente esercitata, anche se purtroppo purtroppo non si è mai riusciti ad andare fino in fondo, nonostante il favore con cui l'ordinamento vede questo genere di iniziative: basti pensare ad esempio al fatto che i disegni di legge di iniziativa popolare conservano validità e possono essere esaminati ed approvati nell'arco di due legislature, a differenza di tutte le altre leggi in discussione e non approvate che decadono al termine della legislatura in corso. Purtroppo gli interessi politici o le contingenze storiche non hanno permesso fino ad oggi di far approvare alcuna legge di iniziativa popolare, la cui semplice possibilità però svuota di senso qualsiasi genere di referendum propositivo e lo rende utile tanto quanto potrebbe esserlo un sondaggio conoscitivo sui temi sensibili per la popolazione.

I referendum consultivi sono ancora più degli altri dei veri e propri sondaggi in forma di votazione alle urne: come esprime eloquentemente in nome, questo tipo di referendum costituisce solo una richiesta di opinione del corpo elettorale su un determinato tema o su un progetto di legge, che di per sé, salvo specifiche previsioni contrarie, non obbliga poi il legislatore a percorrere un determinato indirizzo; inoltre dal momento che non hanno riconoscimento nella Costituzione, i referendum consultivi non hanno validità alcuna.
Nulla vieta di indire consultazioni di questo genere, ma anche una volta portate a compimento, poi nulla cambia: la mancanza di riconoscimento e di regolamentazione a livello legislativo determina infatti l'assenza più assoluta di qualsiasi valore vincolante per l'esito della consultazione referendaria e di conseguenza nessuno è davvero tenuto a osservare la volontà popolare... come storicamente è avvenuto in occasione delle consultazioni referendarie consultive tenutesi a Milano nel 2012 e che alla fine hanno fatto la fine della carta straccia.
L'unico eccezionale caso di referendum consultivo che abbia avuto validità si è registrato nel 1989, quando in occasione del referendum sulla trasfomazione della forma dell'Unione Europea è stata necessaria l'emanazione di una legge costituzionale ad hoc, la legge costituzionale n. 2 del 3 aprile 1989.
Dovrebbe essere quindi palese che nel caso in cui si volesse istituire ufficialmente e dare valore vincolante anche ai referendum consultivi, sarebbe preliminarmente necessaria l'approvazione di una specifica norma che ne dia espresso riconoscimento ed introduca quindi un nuovo e specifico articolo nella Costituzione, mediante la complessa procedura prevista per l'approvazione delle norme costituzionali.

Sui referendum per l'indipendenza ci sarebbe molto da dire, sia sotto il profilo storico sia sotto quello degli effetti sia soprattutto sotto quello della natura stessa di simili consultazioni, ma ogni discussione si deve fermare di fronte ad un argine invalicabile: l'unità del territorio e dello Stato italiano è espressamente sottratta a qualsiasi genere di consultazione popolare per la mancanza di qualsiasi riconoscimento da parte della Costituzione. Se si pensa poi che l'art. 139 della Carta Costituzionale sancisce, come norma di chiusura, che sulla forma di governo dell'Italia non si può varare alcun genere di legge costituzionale, a maggior ragione non si può pensare di indire una consultazione su un argomento che non può nemmeno formare oggetto di legislazione.
Dovrebbe quindi apparire chiaro che un referendum del genere, anche qualora indetto, non sarebbe altro che una velleitaria votazione sul nulla e che mai avrebbe effetto o validità alcuna.

Ma anche per quanto riguarda i referendum validi, riconosciuti e regolati dalla Costituzione, pare a volte non essere chiaro come questi strumenti di legislazione diretta non siano onnipotenti: proprio la consapevolezza della portata potenzialmente dirompente che ogni consultazione referendaria può avere sull'ordinamento ha fatto in modo che la Costituzione abbia sottratto fin da sempre alcune materie alla possibilità stessa che una consultazione popolare si possa tenere.
Tali materie sono elencate dall'art. 75 della Costituzione e sono le seguenti:
  • leggi tributarie;
  • leggi di bilancio dello Stato;
  • provvedimenti di clemenza (ossia le leggi di amnistia e indulto);
  • leggi di autorizzazione di ratifica dei trattati internazionali (e di conseguenza anche sui trattati stessi);
L'importanza di tali materie per la vita e la sussitenza dell'ordinamento sono quindi sottratte agli ondivaghi umori popolari, soprattutto quando essi non sono genuini e vengono altresì influenzati da fattori estemporanei o alterati ad arte da notizie e false e tendenziose o discorsi manipolatori della verità e della credulità popolare.
E quindi, a differenza dei referndum non previsti, quelli che ineriscono leggi su cui non è consentita la consultazione popolare non sarebbero approvati nemmeno in partenza e non si potrebbero pertanto tenere: la Corte di Cassazione, deputata a controllare la legittimità dei quesiti prima che i referendum possano essere svolti, non potrebbe mai dare assenso ad atti contrari alla Costituzione stessa.

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