Parlare di diritto spesso e volentieri viene identificato con discussioni su massimi sistemi, schemi e concezioni astratte e norme che a volte poco o nulla hanno a che vedere con la vita quotidiana, da tanto raramente sono applicate... ma tale luogo comune si infrange quando si arriva alla consapevolezza che il diritto non è fatto di parole che restano astratte, bensì impone norme e regole che si intrecciano e delineano il confine tra il lecito e l'illecito, anche quando non prevede esplicitamente dei fenomeni nuovi che emergono a distanza anche di tempo dall'emanazione di una o più norme.
E questo è il caso anche di materie a volte anche molto delicate e scabrose quale la materia della libertà sessuale, che registra di recente una tendenza che sta avendo una sempre più preoccupante diffusione, ossia lo stealthing: riassuntivamente, questa pratica si può definire come l'avvio di un rapporto sessuale protetto tramite l'utilizzo di un preservativo, che poi però viene tolto all'insaputa del/della partner e di nascosto (da cui deriva il nome) durante l'atto stesso, per concludere il rapporto senza la precauzione inizialmente adottata. Pratica per cui vi è stata anche una recente condanna penale in Svizzera, che ben potrebbe trovare applicazione anche in Italia.
Senza addentrarsi troppo in materia di educazione sessuale, dovrebbe essere chiaro pressoché a chiunque che questa pratica non è solamente meschina e truffaldina, ma anche foriera di possibili conseguenze a lungo termine, tra cui gravidanze e malattie veneree, che possono essere trasmesse sia alla vittima dello stealthing sia anche viceversa a chi questa azione la pratica.
Eppure a quanto pare purtroppo così chiaro non è, altrimenti non si spiegherebbe l'arroganza con la quale la pratica non viene solo intrapresa, ma addirittura difesa ed elogiata come "diritto naturale maschile"... espressione quantomai infelice, se si considera come varie teorie e filosofie del diritto considerino il "diritto naturale" come quel tipo di ordinamento originario che è preesistente a qualsiasi società umana e che detta i principi fondamentali a cui poi gli ordinamenti sociali si ispirano per la redazione scritta delle varie norme che regolano la vita sociale. Pertanto anche solo ipotizzare che una simile pratica sia espressione di un fantomatico "diritto naturale maschile" equivarrebbe ad affermare una supposta naturale prerogativa di ogni maschio umano a poter essere un predatore in grado di spargere impunemente ed irresponsabilmente il proprio seme incurante di qualsiasi conseguenza, quando non ne potrebbe anzi andare fiero. Appare quindi del tutto evidente la gravità e l'assurdità dell'arroganza di un simile becero tentativo di giustificazione, che è tipica solo delle subculture più barbare e primitive e che nulla ha a che spartire con qualsiasi idea di diritto, non solo naturale.
Venendo ad inquadrare la materia dal punto di vista della legge italiana, bisogna innanzitutto partire dal disposto dell'art. 609 bis del Codice Penale, che è chiaro nell'indicare come sia considerata quale violenza sessuale la costrizione a subire atti sessuali non voluti dalla vittima, senza specificare che la violenza debba essere solo fisica, ma anzi ricomprendendo i casi di violenza psicologica e persino l'inganno con cui il consenso venga estorto. Quindi la norma, così come tutte quelle seguenti, non si limita a tutelare contro le aggressioni fisiche, ma incardina la tutela dell'intera libertà sessuale della persona sul consenso, che deve essere prestato in maniera valida e consapevole da entrambi i partner. Consenso che inoltre deve vertere su ogni dettaglio, ivi comprese le modalità ed i mezzi con cui consumare il rapporto.
Così intesa, la norma parrebbe richiedere che il consenso vi sia fin dall'inizio, ma la Cassazione ha più volte interpretato l'articolo citato e ne ha ampliato a più riprese la portata in tema di consenso, statuendo chiaramente come il consenso debba essere sempre presente e se questo dovesse mutare per qualsiasi motivo, la continuazione di un rapporto non sarebbe più consensuale e rientrerebbe nell'ambito della violenza sessuale prevista dal summenzionato art. 609 bis.
A tal proposito valga anche a chiarire ogni dubbio la recente massima della sentenza della III Sezione Penale della Corte di Cassazione, espressa nella sentenza 9221/2016:
Venendo ad inquadrare la materia dal punto di vista della legge italiana, bisogna innanzitutto partire dal disposto dell'art. 609 bis del Codice Penale, che è chiaro nell'indicare come sia considerata quale violenza sessuale la costrizione a subire atti sessuali non voluti dalla vittima, senza specificare che la violenza debba essere solo fisica, ma anzi ricomprendendo i casi di violenza psicologica e persino l'inganno con cui il consenso venga estorto. Quindi la norma, così come tutte quelle seguenti, non si limita a tutelare contro le aggressioni fisiche, ma incardina la tutela dell'intera libertà sessuale della persona sul consenso, che deve essere prestato in maniera valida e consapevole da entrambi i partner. Consenso che inoltre deve vertere su ogni dettaglio, ivi comprese le modalità ed i mezzi con cui consumare il rapporto.
Così intesa, la norma parrebbe richiedere che il consenso vi sia fin dall'inizio, ma la Cassazione ha più volte interpretato l'articolo citato e ne ha ampliato a più riprese la portata in tema di consenso, statuendo chiaramente come il consenso debba essere sempre presente e se questo dovesse mutare per qualsiasi motivo, la continuazione di un rapporto non sarebbe più consensuale e rientrerebbe nell'ambito della violenza sessuale prevista dal summenzionato art. 609 bis.
A tal proposito valga anche a chiarire ogni dubbio la recente massima della sentenza della III Sezione Penale della Corte di Cassazione, espressa nella sentenza 9221/2016:
Le costanti precisazioni di questa Corte Suprema sul tema dell’abuso sessuale determinato da un mutamento dell’originario consenso iniziale, fanno sì che anche una conclusione del rapporto sessuale, magari inizialmente voluto, ma proseguito con modalità sgradite o comunque dal partner, rientri a pieno titolo nel delitto di violenza sessuale.
Inoltre giova ribadire il fatto che una tale pratica può essere anche foriera non solo di possibili gravidanze indesiderate, bensì anche di malattie veneree di varia gravità e dalla pericolosità più o meno elevata per la salute.
Il dettaglio non è di secondo piano, perché la trasmissione di malattie in un modo siffatto non è una "semplice" disgrazia o una fatalità, bensì è un'azione pericolosa che l'ordinamento qualifica come "lesioni personali": occorre chiarire come, in senso tecnico, il reato citato non sia inteso dalla legge solo come conseguenza di un trauma o di percosse (che peraltro costituiscono un autonomo delitto previsto dall'art. 581 del Codice Penale) o di una qualsiasi azione meramente violenta, bensì come una qualsiasi malattia fisica o psichica arrecata ad un'altra persona, sia volontariamente sia colposamente. E la discriminante, in termini di quantità di pena a cui potrebbe andare incontro chiunque pratichi lo stealthing, è data sia dalla consapevolezza o meno della malattia venerea trasmessa al/alla partner sia da quanto la malattia stessa sia clinicamente grave. E se la malattia viene trasmessa intenzionalmente... semplicemente non ci sono attenuanti che tengano e difficilmente potrebbero essere riconosciute anche le onnipresenti attenuanti generiche.
Tutti questi reati, salvo rari e specifici casi, sono accomunati da un tratto distintivo: per poter essere perseguiti e mettere quindi i responsabili di questa pratica di fronte alle giuste conseguenze delle loro azioni, è necessaria una querela da parte di chi la subisca.
E nel caso di querela presentata per il reato principale, ovvero per la violenza sessuale, la querela rientra espressamente tra i casi di irrevocabilità: in altri termini, una volta presentato l'atto di querela, il responsabile non potrà pensare di cavarsela con un accordo (o peggio ancora con una minaccia) per far rimettere la querela e mettere tutto a tacere, ma dovrà difendersi al processo che ne conseguirà... se ne è capace.
In definitiva, fare sesso sicuro è una buona cosa, ma ancora più importante è farlo in buona fede e senza l'intenzione truffaldina e meschina di togliersi il preservativo durante il rapporto di nascosto o comunque senza che l'altra persona sia d'accordo con questo modo di agire.
Le conseguenze di un atto di stealthing potrebbero essere molteplici e tutte non proprio piacevoli: una gravidanza inattesa e non voluta (con tutte le responsabilità morali e civili derivanti dal concepimento), una o più malattie veneree e una querela per violenza sessuale e lesioni personali più o meno aggravate.