mercoledì 4 ottobre 2017

Querele addio?

L'estate appena trascorsa è passata in sordina dal punto di vista giuridico, piena di altre notizie, altri eventi ed altri pensieri più o meno leggeri e già rivolti alle ferie. Tuttavia, sotto questa coltre di silenzio, è stata approvata quella che già viene definita come riforma Orlando, una gigantesca legge di un solo articolo e ben 95 commi che hanno cambiato in maniera decisamente importante la giustizia penale italiana.
In così tanti commi la nuova Legge 103/2017, che è possibile leggere in maniera integrale sulla Gazzetta Ufficiale, tocca tante aree differenti, troppe per poter essere approfondite tutte in una volta sola senza scrivere quello che apparirebbe come un manuale breve della riforma. Pertanto qui di seguito saranno affrontate di volta in volta le novità prncipali della riforma, a cominciare da quella che ha cambiato il funzionamento e, in un certo qual senso, l'utilità delle querele.

Prima della riforma in questione, in Italia c'erano due metodi per iniziare un processo: la denuncia e la querela, dove la prima era una segnalazione alle competenti autorità di un fatto di reato e la seconda era invece la specifica richiesta di punizione da parte delo Stato di un illecito a rilevanza penale "ridotta" (ossia di un fatto che l'ordinamento non approva, ma per cui non si muove in maniera autonoma per punire il colpevole come invece avviene per esempio in caso di omicidio).
La querela aveva un'importanza anche abbastanza consistente in questi casi, perché non solo permetteva di iniziare un procedimento penale a carico del responsabile del reato, ma garantiva altresì che il processo andasse avanti fino alla sentenza o fino a quando non veniva ritirata (o rimessa, in gergo tecnico) nei casi in cui ciò era possibile e non era indicato il contrario di volta in volta dalla legge. Tralasciando i casi in cui a volte si faceva del vero e proprio stalking per fare in modo che una querela sporta venisse poi ritirata dalla vittima, risulta chiaro come la querela fosse uno strumento per dare voce e potere alle parti deboli, che subivano delle prepotenze tali da mandare qualcuno meritatamente in galera. Si poteva dire che il potere di querelare rappresentava giuridicamente il detto di "avere il coltello dalla parte del manico".
La Riforma Orlando ha però decisamente spuntato questo stesso proverbiale coltello e ne ha anche cambiato la forma con l'introduzione nel Codice Penale del nuovo art. 162 ter: tale norma prevede che, nel momento in cui viene sporta una querela che si può rimettere, il responsabile del reato possa mettere in atto delle "condotte riparatorie" consistenti in risarcimenti pecuniari, restituzioni, eliminazione delle conseguenze del reato "ove possibile" e simili. Per dovere di cronaca, queste erano delle condotte che avrebbero potuto portare al riconoscimento di un'attenuante nel futuro processo... e oggi è ancora così, ma solo per i reati perseguiti d'ufficio o a querela irrevocabile.
E una volta posta in essere questa "condotta riparatoria", la parola spetta al giudice, che ha il compito di valutarne la congruità, la proporzionalità al reato commesso e la tempestività: il querelato ha infatti un margine di tempo per effettuare questa riparazione, ossia l'udienza di apertura del dibattimento o un altro termine che può essere richiesto e concesso dal giudice nel caso di impossibilità per causa "non imputabile" al reo, che può avere quindi fino a sei mesi per effettuare la riparazione richiesta da questa nuova legge.
Una volta accertati tutti i requisiti, il giudice allora ha il potere di dichiarare l'estinzione del reato.
Questa norma ha quindi una conseguenza di non poco conto: dal momento che si estingue il reato per cui si è sporta la querela, non si chiude semplicemente il procedimento, ma di esso non ne resta la benché minima traccia e nulla finisce sul casellario giudiziale del querelato. Perché, occorre ribadirlo, se e quando un reato si estingue prima di una sentenza di condanna della Cassazione, è come se non fosse mai successo nulla. A livello giuridico, almeno...

Consci di questa conseguenza non sempre piacevole o auspicabile, alcuni potrebbero anche legittimamente pensare di non accettare alcun compenso per il danno patito (basti pensare ad esempio al danno d'immagine per la reputazione rovinata da una voce di corridoio infondata) e quindi di andare avanti con il processo. Ebbene, qui casca il proverbiale asino: è infatti espressamente previsto dal nuovo art. 162 ter c.p. che il querelato possa effettuare la propria riparazione anche tramite offerta reale come regolata dal Codice Civile.
Senza aprire una parentesi troppo grande, l'offerta reale è quel meccanismo previsto dall'art. 1208 e seguenti del Codice Civile, grazie al quale un debitore che si voglia liberare di un pagamento che il creditore non voglia accettare, può depositare un'offerta reale al creditore tramite un ufficiale giudiziario e liberarsi così a tutti gli effetti del proprio debito. Con questo stesso procedimento, un querelante che vorrebbe giustizia invece di soldi, nel caso in cui volesse rifiutare l'offerta si ritroverebbe invece obbligato ad accettare o a sperare che il giudice ritenga insufficiente il pagamento e proseguire così con il processo invece di estinguere tutto.

Questa nuova regolamentazione dell'istituto della querela ha un chiaro intento: risparmiare risorse dalla giustizia agevolando e promuovendo la risoluzione delle questioni fuori dalle aule di tribunale e prima del processo, tarpando le ali a tutti quei soggetti (effettivamente molesti) che infestano ed intasano le aule di tribunale con vertenze complessimanete poco influenti e che si potrebbero risolvere con un po' di buon senso. Piccole questioni che ora questi stessi soggetti saranno obbligati a risolvere accettando il buon senso altrui... se non vogliono loro per primi usare la querela come mezzo per forzare la mano e costringere gli altri a ripagare il dovuto.
Resta però un'incognita piuttosto grossa e per certi versi preoccupante: la nuova norma infatti usa la clausola di salvaguardia di rendere questo nuovo meccanismo inapplicabile alle fattispecie per cui la querela è irrevocabile: peccato che queste stesse fattispecie siano drammaticamente poche, troppo poche. E quelle che destano maggiore allarme sociale o che possono creare i maggiori danni a lungo termine siano escluse da questo ristretto novero: basti pensare ad esempio che lo stalking, la cui repressione è già di suo poco efficace e funzionale, è per lo più attivabile tramite una querela che si può sempre rimettere.
Di conseguenza, con questo nuovo tipo di querela, le persone danneggiate dai reati non si trovano più in mano il manico di un coltello, quanto più concretamente una sorta di cambiale in bianco: pressoché tutti sono ormai liberi di gettare fango addosso ad una persona o di perseguitarla, tanto per sfangarla basta pagare...

11/10/2017 - Aggiornamento
A seguito delle prime applicazioni della nuova legge e dei suoi effetti deleteri verso dei reati seri e non abbastanza seriamente considerati, è stato annunciato un emendamento della Riforma Orlando che dovrebbe intervenire in maniera strutturale per escludere lo stalking e altri reati dall'applicazione dell'art. 162 ter c.p.
Quando tale emendamento sarà approvato, si spera il prima possibile, si sarà finalmente messa almeno una pezza ad un'idea che già da principio avrebbe dovuto essere strutturata in maniera diversa. Come si suol dire, meglio tardi che mai.

Nessun commento:

Posta un commento