L'effetto principale e più dirompende della cosiddetta "Riforma Orlando", approvata con la Legge n. 103 del 23 giugno 2017, è già stato trattato nell'approfondimento già dedicato al nuovo regime delle querele.
Ma, come anticipato, quello è stato solamente il primo dei vari cambiamenti introdotti e passati relativamente sotto silenzio nell'estate appena trascorsa. Cambiamenti peraltro non molto facili da analizzare, in quanto la Legge in questione adotta una "tecnica legislativa" piuttosto discutibile: se in passato si potevano criticare articoli composti da fin troppi commi e di difficile lettura, ma che comunque avevano una certa logica interna e non sconfinavano nelle previsioni di altri articoli, contribuendo a creare un disegno in qualche modo organico, in questo caso la legge è composta da un unico articolo e quasi un centinaio di commi che passano senza alcun ordine logico dall'introduzione di nuovi istituti al variare delle pene di alcuni reati al cambiamento della procedura penale.
Leggere un provvedimento del genere diventa un'impresa molto ardua e il compito di disticare la matassa ed interpretarla, prima ancora di renderla comprensibile, viene quindi molto più complicato di quanto già non sarebbe. C'è da augurarsi che tale sciagurata tecnica legislativa sia più unica che rara e che rappresenti anzi in campo di legge la proverbiale espressione "toccare il fondo"...
Ad ogni buon conto, uno degli altri effetti della Riforma Orlando si può riconoscere, oltre che nell'aver reso la maggior parte delle querele una sorta di invito al pagamento, nell'aumento delle pene o nell'esclusione delle attenuanti per alcuni reati.
Per i più curiosi, vengono aumentate a vario modo le punizioni formali per i reati di scambio politico-elettorale, di furto in abitazione e con strappo e di estorsione. Solo questi. Senza una logica apparente e senza un disegno d'insieme. Anzi, questi aumenti di pena sono una sorta di "intermezzo" rispetto a nuove regolamentazioni ben più importanti.
Per i più curiosi, vengono aumentate a vario modo le punizioni formali per i reati di scambio politico-elettorale, di furto in abitazione e con strappo e di estorsione. Solo questi. Senza una logica apparente e senza un disegno d'insieme. Anzi, questi aumenti di pena sono una sorta di "intermezzo" rispetto a nuove regolamentazioni ben più importanti.
Infatti è un altro e più importante aspetto che appare determinante nel novero della riforma: il cambiamento dei termini di prescrizione e del loro decorso.
La nuova legge prevede infatti che nel caso di reati commessi contro i minorenni, il termine di prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui la vittima raggiunge la maggiore età; analogo spostamento dell'inizio della prescrizione viene fatto in caso in cui siano necessari determinati atti (autorizzazione ad agire, deferimenti, rogatorie internazionali...).
La prescrizione invece addirittura sospesa non solo nei casi già previsti normalmente dall'art. 159 c.p., bensì anche tra i vari gradi di giudizio: è infatti previsto dalla nuova norma che la prescrizione di una causa venga sospesa per un limite massimo di 18 mesi tra i vari gradi di giudizio e dopo l'emanazione della sentenza di ciascuno dei gradi di giudizio che precedono quello in Cassazione. Di conseguenza i tempi processuali, già notoriamente biblici, vengono ulteriormente dilatati fino a tre anni... e quindi le vicende giudiziarie, anziché finire prima, restano ancora più a lungo nei tribunali, dove possono essere accatastate in attesa di essere esaminate e che si possa quindi arrivare ad una pronuncia definitiva. E in caso di assoluzione in appello o di annullamento della sentenza, i termini vengono peraltro computati di nuovo, prorogando ulteriormente i tempi.
Il tutto poi è condito da un ulteriore cambiamento in cui i tempi di prescrizione non vengono semplicemente sospesi, bensì vengono interrotti del tutto e devono quindi ricominciare a decorrere da capo dopo un evento già previsto prima dalla legge, ma che con la riforma assume anche una nuova valenza: l'interrogatorio reso alla Polizia Giudiziara delegata dal Pubblico Ministero ora interrompe la prescrizione.
Una previsione che può avere un senso in indagini particolarmente lunghe e complesse, ma che in altri casi diventa inspiegabilmente dilatoria, per non dire confusa quando stabilisce che questo meccanismo non possa comunque comportare un aumento dei tempi di oltre la metà del periodo di prescrizione ordinario nei reati contro la pubblica amministrazione. Molto più sensato ed organico sarebbe stato prevedere l'interruzione della prescrizione solo per il caso si proceda per alcuni tipi di reati e non in via generale ed in ordine sparso.
Il tutto poi è condito da un ulteriore cambiamento in cui i tempi di prescrizione non vengono semplicemente sospesi, bensì vengono interrotti del tutto e devono quindi ricominciare a decorrere da capo dopo un evento già previsto prima dalla legge, ma che con la riforma assume anche una nuova valenza: l'interrogatorio reso alla Polizia Giudiziara delegata dal Pubblico Ministero ora interrompe la prescrizione.
Una previsione che può avere un senso in indagini particolarmente lunghe e complesse, ma che in altri casi diventa inspiegabilmente dilatoria, per non dire confusa quando stabilisce che questo meccanismo non possa comunque comportare un aumento dei tempi di oltre la metà del periodo di prescrizione ordinario nei reati contro la pubblica amministrazione. Molto più sensato ed organico sarebbe stato prevedere l'interruzione della prescrizione solo per il caso si proceda per alcuni tipi di reati e non in via generale ed in ordine sparso.
Tutta questa modifica del regime della prescrizione vista nel suo insieme appare "leggermente" paradossale rispetto agli intenti iniziali della riforma: a fronte di un tentativo di sfoltire il carico processuale eliminando sostanzialmente tutti i reati minori con querele poco utili ad arrivare in giudizio e forse più idonee ad arrotondare il conto in banca (tentativo già iniziato in precedenza con la particolare tenuità), la Riforma Orlando allunga notevolmente i tempi di "scadenza naturale" delle cause pendenti e future, lasciando sedimentare e trascorrere tanto, troppo tempo per arrivare a decidere e poter risanare le ferite inferte da un possibile fatto di reato.
La conseguenza estrema sembra un po' paradossale e sembra quasi voler dire che è meglio non finire in giudizio, perché altrimenti ci si resta impelagati (molto più) a lungo. Quando in realtà bisognerebbe starci di meno...
La conseguenza estrema sembra un po' paradossale e sembra quasi voler dire che è meglio non finire in giudizio, perché altrimenti ci si resta impelagati (molto più) a lungo. Quando in realtà bisognerebbe starci di meno...
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