Una notizia di cronaca piuttosto recente riporta una vicenda piuttosto triste e che causa non poche reazioni ed è anche giusto che desti indignazione e perplessità, quando non paura nei confronti di certi soggetti: è ormai diventata tristemente nota infatti la vicenda della giovane che, dopo essersi ubriacata, è stata abusata da due uomini e l'iter giudiziario è stato piuttosto altalenante... e, purtroppo, è attualmente ancora in corso, con tutti i ritardi e le conseguenze del caso.
Il punto però per certi versi più tragico di tutta questa vicenda è dato dall fatto che i media hanno, chi più chi meno, dato dei titoli altisonanti per attirare visione e fare discutere sull'ultima pronuncia della Cassazione in merito ad un tema che non può che essere caldo e delicato al tempo stesso... ma come spesso accade quando si tentano operazioni di questo genere, i media hanno alzato un gran polverone nella maniera più sbagliata possibile: prendendo una cantonata colossale e dando il via ad una disinformazione collettiva tanto più preponderante quanto più in grado di cavalcare l'onda (mediatica) dell'indignazione.
Nel caso di specie, la vittima della violenza era in uno stato di certo non brillante o ottimale e soprattutto è finita fra le braccia di due soggetti che invece di aiutarla le hanno procurato sofferenza e dolore ed un iter giudiziario lungo e travagliato come solo quelli italiani sanno essere certe volte. Ma il punto di arrivo e quello focale della discussione è stato fatto passare per quello che non è: secondo i titoloni roboanti, la Cassazione avrebbe affermato che se la vittima di una violenza è ubriaca, allora il reato non è aggravato, ma la ricostruzione, per quanto possa attirare sguardi e accessi alla notizia, è del tutto falsa nella sostanza. Quello che la cassazione ha sancito è che l'aggravante dell'uso delle sostanze alcoliche è stata impiegata ed applicata male dalla Corte d'Appello e quindi la stessa Corte dovrà ricostruire meglio dal punto di vista processuale gli eventi per una migliore e più corretta applicazione della legge.
E d'altronde non poteva che essere così: riguardo al tema dell'intossicazione da alcol e sostanze stupefacenti vi sono numerose norme, ma in linea generale quando si parla di simili stordenti bisogna prestare molta attenzione, perché la legge punisce con aggravi specifici di pena coloro che si ubriacano o si drogano apposta per togliersi i freni inibitori o per costruirsi un halibi nella falsa convinzione che ciò possa portare a "scusare" il comportamento vietato perché commesso in uno stato di incapacità... con la "sottile" differenza che la legge prevede chiaramente come uno stato di incapacità debba essere accidentale o frutto di una malattia psichica e di certo non possa essere considerato valido uno stato di incapacità autoindotto.
A voler vedere la vicenda invece dal lato della vittima, anche in questo caso la sussistenza dell'aggravante viene a mancare: l'uso di sostanze alcoliche o stupefacenti sulla vittima è chiaramente indicato tra le circostanze aggravanti della violenza sessuale sancite dall'art. 609-ter c.p., ma la legge è altresì chiara nel richiedere che le stesse sostanze siano somministrate alla vittima da parte di chi commette poi la violenza.
Nella vicenda specifica non è mai emerso alcun dettaglio di questo genere e la vittima degli abusi ha anzi bevuto troppo di sua iniziativa. Che sia stata indotta a bere dai suoi aguzzini o da altri problemi personali non è dato saperlo e la Cassazione non è nemmeno una Corte legittimata ad approfondire tali questioni, ma ritenere che la Suprema Corte abbia "violato i diritti delle donne" o "fatto tornare indietro il diritto" per qualcosa che non si è nemmeno lontanamente verificato è uno sconveniente frutto della scarsa accuratezza delle informazioni e delle ricostruzioni più fantasiose che concrete.
Non solo: sulla scorta di tali titoli giornalistici campati per aria ed ignoranza, si è gridato allo scandalo perché non è stato punito un abuso grave, quando in realtà la sentenza di condanna sancisce anche la presenza di un'altra aggravante specifica non toccata minimamente dalla Cassazione, ossia quella della minorata difesa, derivante dalla condizione di ubriachezza in cui la donna era sprofondata.
Quindi i due violentatori sono stati condannati per violenza sessuale di gruppo aggravata dal fatto di aver consumato la violenza stessa su una persona non in grado di difendersi e meno che mai di prestare un valido consenso all'atto di cui poi è stata vittima... e per paradosso sono stati ritenuti graziati di non aver commesso un delitto aggravato come hanno invece effettivamente commesso.
Con tutta l'amarezza che il binomio tra ignoranza e disinformazione ancora una volta porta con sé, aggiungendo danni ad una vicenda già penosa.