mercoledì 20 aprile 2022

La reale portata dell'art. 11 della Costituzione

 

L'Italia è un Paese democratico in cui vige libertà di opinione, su qualsiasi tema e con quasi qualsiasi tono: inutile ricordare, forse, che certi modi di esprimersi non siano comunque ammessi dalla legge e soprattutto nel codice penale siano presenti dei limiti, come ad esempio per la diffamazione.

Vi è tuttavia una precisazione che appare opportuna: il fatto che qualcosa non sia vietato dalla legge non impone automaticamente la più totale libertà di parlare senza freni di ogni argomento possibile ed immaginabile e vi sono anzi temi e sfere che meriterebbero un'attenzione ed una moderazione di tempi e termini ed un'articolazione delle argomentazioni in cui sarebbe utile lasciare la parola invece di prenderla a sproposito sui social network.

Una di queste aree è sicuramente quella del diritto costituzionale: è importante che se ne parli e che la più ampia maggioranza della popolazione conosca almeno i dettami della Costituzione, che è la summa delle regole ed il pilastro fondamentale dell'ordinamento italiano, soprattutto affinché molti possano essere consapevoli di quelli che sono i diritti fondamentali garantiti dallo Stato e sappiano riconoscere chi strumentalizza e piega le regole ai propri fini o alle proprie ideologie.

Una delle regole più attualmente dibattute, ignorate e fraintese è, inspiegabilmente, quella dell'art. 11 della Costituzione: detta norma è infatti recentemente usata come riferimento massimo da quelle voci che vorrebbero una posizione al più neutralista dell'Italia nel recente scenario internazionale, mentre in altri casi analoghi le proteste non sono state tanto roboanti o confusionarie. Tuttavia tale riferimento è radicalmente sbagliato e il testo dell'articolo 11 non ha una portata limitata al mero non intervento nei conflitti altrui e nel non fare guerre: non solo la Storia più o meno recente smentisce questo assunto (basti pensare alla partecipazione di contingenti italiani a missioni internazionali nelle guerre del Kosovo, dell'Iraq o dell'Afghanistan), ma è anche e soprattutto il testo integrale della norma a negare queste illazioni infondate.

Per comprendere il motivo per cui tale "opinione" non si può ritenere tale, occorre andare ad esaminare l'articolo 11 nel suo complesso. Innanzitutto occorre osservare che è esso collocato fra i principi fondamentali del testo Costituzionale e quindi in quel nucleo essenziale da cui poi si diramano molte delle altre regole che sorreggono l'ordinamento intero: non si tratta quindi di un principio secondario o banale nemmeno all'interno del testo costituzionale e proprio per questo è utile avere un'attenzione maggiore del dovuto non solo al testo, ma anche al contesto storico in cui esso è stato forgiato.

Bisogna ricordare infatti che la Costituzione è stata scritta in un periodo storico molto preciso, al termine di quella che oggi è ben nota come Seconda Guerra Mondiale e durante la ricostruzione del Paese dopo un ventennio di dittatura. Sarebbe ingiusto tuttavia non ricordare come non fosse solo l'Italia in una fase delicata di ricostruzione, ma era praticamente il mondo intero che si stava riassestando e stava trovando nuovi equilibri e uno di questi tentativi era la nascita dell'ONU, che sostituiva la precedente inefficace Società delle Nazioni, che non era stata in grado di prevenire o impedire in alcun modo la follia nazista e lo scoppio del conflitto mondiale.

È in questo quadro che i principi fondamentali sono stati ideati e trascritti dall'Assemblea Costituente ed è proprio in memoria e contro la ripetizione non solo degli eventi della Seconda Guerra Mondiale, ma anche delle guerre coloniali avvenute durante il c.d. Ventennio, che è stata scritta la prima parte dell'articolo in questione.

La norma infatti recita testuali parole: 

L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

La motivazione di questa formulazione si può rinvenire già nella relazione al progetto del testo costituzionale del 1947, quando viene spiegato senza mezzi termini come “rinnegando recisamente la sciagurata parentesi fascista l'Italia rinuncia alla guerra come strumento di conquista e di offesa alla libertà degli altri popoli.
Come si può chiaramente capire leggendo integralmente la norma e la relazione al testo che la accompagna, l'Assemblea Costituente ha voluto dare un taglio netto con le passate politiche aggressive ed espansionistiche, condannando espressamente ed apertamente la guerra di conquista che aveva caratterizzato il regime precedente alla neonata Repubblica Italiana; inoltre il dettato costituzionale delegittima radicalmente ogni possibilità che l'Italia attacchi un Paese straniero per risolvere con la forza militare una questione solo ed esclusivamente interna di tale altro Stato.
Quanto viene invece frainteso da una serie di soggetti che si definiscono pacifisti, senza davvero esserlo, nasce da una lettura molto superficiale e che si arresta alle prime parole dell'art. 11, ossia che “l'Italia ripudia la guerra”: questa lettura è invero fuorviante, perché se così fosse, non dovrebbe nemmeno esistere in Italia un esercito vero e proprio, un Codice Militare o una forza armata e soprattutto implicherebbe l'assurdità totale che la Repubblica abbia rinunciato per principio fondativo anche a difendersi in caso di aggressione da parte di altre Nazioni. Per fortuna questa è solo una lettura drammaticamente storpiata e frutto di una visione distorta della realtà e del mondo.
Ciò che il dettato costituzionale di conseguenza ammette è invece la guerra difensiva, ossia la possibilità di difendersi da attacchi ingiustificati o pretestuosi lanciati da altri Paesi e non è da escludersi nemmeno la possibilità di intervenire in difesa di altri Paesi che abbiano subito un simile attacco, soprattutto in virtù di trattati o patti internazionali o in accordo ad alleanze sovranazionali di cui l'Italia sia parte integrante.

Tale assunto è dato dalla seconda parte dell'art. 11 della Costituzione, di cui giova riportare ancora una volta il testo integrale:

[l'Italia] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Ancora una volta occorre tornare ad esaminare il contesto storico per cercare di comprendere la ragion d'essere e la portata del dettato normativo: all'epoca in cui il testo fondamentale della Repubblica è stato scritto, l'ONU era stata fondata da pochissimi anni e stavano nascendo anche altre organizzazioni ed alleanze a carattere politico, economico e militare e rifiutare l'opportunità di avere aiuti in tema di commercio e difesa internazionali e soprattutto di dimostrare a tutti che l'Italia aveva cambiato volto rispetto al fascismo per incarnare un mero pacifismo passivo sarebbe stato oltremodo insensato. È stato invece grazie all'art. 11 che l'Italia ha potuto entrare a far parte di organizzazioni tutt'oggi vigenti, come l'ONU, la NATO o quella che oggi è l'Unione Europea.

Quanto alla portata pratica ed effettiva, la norma non fa altro che statuire quello che è poi una pratica delle relazioni internazionali quando si viene ad esaminare l'adesione ed il rapporto tra membri di una qualsiasi organizzazione o ente di natura non privatistica tra Nazioni diversi. Per citare ancora la relazione all'art. 11 del 1947, “Stato indipendente e libero, l'Italia non consente, in linea di principio, altre limitazioni alla sua sovranità, ma si dichiara pronta, in condizioni di reciprocità e di eguaglianza, a quelle necessarie per organizzare la solidarietà e la giusta pace fra i popoli.


Basta saper leggere il testo costituzionale nella sua interezza per comprendere con assoluta chiarezza e senza possibilità di dubbio come l'Italia in questo periodo storico abbia piena libertà di agire con la più ampia discrezionalità senza aggredire per prima nessun'altra Nazione e le decisioni in tema di politica internazionale non possono mai essere prese alla leggera, ma dire che siano a priori incostituzionali ed illegittimi gli aiuti e le forniture di messi militari ad un altro Paese aggredito o un futuro intervento armato in uno scenario caldo, soprattutto se deciso in seno ad un'organizzazione internazionale ed in presenza di ragioni e violazioni comprovate, è frutto, nella migliore delle ipotesi, di una grave e colpevole ignoranza in materia di legge e principi costituzionali.