sabato 10 agosto 2019

Come cade un governo?

La durata e la stabilità di un Governo in Italia sono argomenti alquanto dibattuti e sono spesso mistificati e piegati ad un proprio tornaconto elettorale, ma la realtà giuridica ha intelaiature e segue ben percorsi diversi da quelli che vengono di volta in volta propugnati.
Come tutti sanno, o dovrebbero sapere, le elezioni in Italia non portano alla formazione diretta del Governo, bensì a quella del Parlamento in entrambe le sue Camere, secondo meccanismi previsti specificamente nella cosiddetta Legge Elettorale ed è poi in seno al Parlamento che il Governo si deve formare, di norma su mandato del Presidente della Repubblica affinché il capo del futuro Esecutivo riesca a trovare una maggioranza sia alla Camera dei Deputati sia al Senato della Repubblica: qualora si trovi una maggioranza tra le forze politiche rappresentative dell’Italia che supporti e dia fiducia al futuro Governo, il Presidente della Repubblica incarica quindi il futuro Presidente del Consiglio dei Ministri affinché formi una squadra di governo con la nomina dei Ministri più congeniali e alla fine il Governo presta giuramento di fronte al Presidente della Repubblica medesimo prima di poter iniziare a governare.
Ne deriva quindi che il Governo non sia avulso dal Parlamento e non può nascere e agire senza che esso sia approvato e sia esso stesso espressione della maggioranza espressa dall’elettorato, che quindi agisce in conformità e con l’approvazione della maggior parte delle forze politiche elette e presenti in Parlamento. Da ciò deriva anche una seconda conseguenza spesso ignorata: nessun Governo può durare all’infinito, ma il suo mandato ha una durata massima che coincide con quella del Parlamento da cui nasce e di cui è, o dovrebbe essere, voce e rappresentanza esecutiva.

Tuttavia un Governo non necessariamente cessa con la naturale scadenza del Parlamento, anzi nella storia repubblicana un Governo durato per l’intero mandato parlamentare appare praticamente come un miraggio, perché è sempre possibile che decada prima.
Tale evento avviene quando il Parlamento, per qualsiasi ragione, nega la sua fiducia ad un provvedimento del Governo quando questi pone la cosiddetta “questione di fiducia” su un provvedimento legislativo, ossia quando l’Esecutivo chiede al potere legislativo dello Stato di fidarsi su un punto particolarmente delicato. Sul modo in cui tale strumento è stato usato ed abusato nella storia della Repubblica si potrebbe aprire un’altra ampia digressione, ma in questa sede basti sapere che nel caso in cui la questione di fiducia viene respinta dal Parlamento, anche per un solo voto, il Governo deve considerarsi sfiduciato e delegittimato a continuare la sua opera, se non per l’ordinaria amministrazione fino alla nomina di un Governo successivo.
Analoga causa di decadenza è sempre derivata dal voto del Parlamento quando venga presentata una mozione di sfiducia al Governo da uno qualsiasi dei suoi membri e tale mozione venga approvata dalla maggioranza anche di una sola delle due Camere: in virtù del sistema di bicameralismo perfetto che vige in Italia, il Governo deve avere la fiducia della maggioranza di entrambe le Camere e quando l’approvazione di anche una sola delle due venga meno per via di tale mozione, il Governo è analogamente delegittimato.
In caso di particolare turbolenza politica, il Governo, su iniziativa del Presidente del Consiglio dei Ministri, può altresì richiedere ad entrambi i rami del Parlamento di esprimersi con una votazione di fiducia semplice, slegata da qualsiasi provvedimento legislativo e che funziona in maniera simile a quanto già visto poco sopra: nel caso in cui la maggioranza di entrambe le Camere del Parlamento approvi la richiesta di fiducia del capo del Governo, la sua attività procede, ma se anche una sola delle due nega la propria approvazione, anche solo per un voto, l’Esecutivo entra in ordinaria amministrazione.

Quelle sin qui illustrate sono le possibili cause di decadenza parlamentare del Governo, ma la crisi può altresì essere anche extraparlamentare: in qualsiasi momento e per qualsiasi ragione, sia essa politica o di altra natura, il Presidente del Consiglio è sempre libero di rassegnare le proprie dimissioni al Presidente della Repubblica e di avviare quindi l’iter successivo alla caduta del Governo, che non sempre è costituito dalle elezioni anticipate.

In nessun il Paese può restare senza Governo, neppure quando questo è sfiduciato o si dimette: onde evitare il vuoto, il Governo che non goda più della legittimazione a proseguire la propria opera deve restare in carica per curare l’ordinaria amministrazione dello Stato, ossia deve rimanere e prendere le decisioni normali per mantenere la vita dello Stato, ma non può più proporre provvedimenti legislativi o approvare decisioni, decreti ministeriali e in generale atti che abbiano una qualsiasi valenza decisionale, in attesa che ad esso subentri il nuovo Esecutivo.
Come già più volte ribadito, il Governo è indipendente dal Parlamento e quello delegittimato può non essere l’unica espressione possibile della maggioranza parlamentare: prima di ricorrere alle elezioni anticipate, è quindi necessario ed auspicato dalla prassi che si proceda ad un altro passaggio, ossia un nuovo incarico esplorativo affidato dal Presidente della Repubblica ad un diverso soggetto, affinché questi sondi le forze politiche presenti in Parlamento e trovi una maggioranza disposta a sostenere il nuovo possibile esecutivo, che potrebbe essere ipoteticamente la stessa che aveva sostenuto il precedente Governo, come avvenuto nella Legislatura che ha sostenuto i Governi Letta, Renzi e Gentiloni, o una nuova in diversa composizione precedentemente non esplorata per le più varie ragioni e continuare così con un nuovo Governo, voce ed espressione di una rappresentanza nuova o anche di sostegno ad un Governo Tecnico o cosiddetto di scopo, fino al termine della Legislatura, ossia del mandato parlamentare.
Almeno in via ipotetica, dal momento che, come menzionato nell’esempio sopraccitato, è possibile che anche il nuovo Governo formato entri in crisi nei modi appena visti e debba ricorrere nuovamente all’iter fin qui illustrato.
Solo ove le consultazioni non dessero alcun possibile esito favorevole e non fosse quindi in alcun modo possibile rinvenire una nuova maggioranza, non resterebbe che lo strumento finale da parte del Presidente della Repubblica: lo scioglimento delle Camere e la fissazione di una nuova data per le elezioni anticipate, che non possono tenersi a meno di tre mesi dalla data del provvedimento di scioglimento. Fino alle nuove elezioni e quindi fino alla nomina e all’insediamento dei nuovi Parlamentari, non sarebbe più solo il Governo, ma anche il Parlamento stesso ad entrare nella cosiddetta ordinaria amministrazione.